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sabato 7 luglio 2012

Just an image in your head


X

Just an image in your head


Erano circa le tre quando lo sentì singhiozzare piano.
Era impressionante quanto anche una roccia come lui, di notte, si ritrovasse impotente e sofferente.
Per cosa, poi?
John Watson aveva combattuto la guerra.
John Watson aveva ucciso delle persone.
John Watson rischiava la vita ogni giorno, standogli intorno.
John Watson aveva sempre carica la sua pistola, preparato ad ogni evenienza.
Eppure, nell'oscurità della notte, anche l'ex soldato doveva arrendersi al suo più spietato e subdolo nemico: la sua mente.
Svariate volte durante il sonno, John cominciava a muoversi, tremare, sconfitto dalle immagini che il suo subconscio gli mostrava. Piegato in due dal dolore.
Sherlock, che praticamente non dormiva mai, se n'era accorto da quando avevano cominciato a condividere la stanza, circa un paio di mesi prima.
Quella sera, stranamente, i singhiozzi di John non si fermarono poco dopo e Sherlock lo sapeva: si può ignorare tutto tranne il cuore, i sogni e la memoria.
Decise di accendere la luce, tanto comunque non avrebbe dormito.
-Che cosa succede adesso, John?-, chiese.
L'uomo si asciugò le lacrime, ancora incapace di farsi vedere debole dal "compagno." (Era questo che erano adesso, no? Compagni.)
Si schiarì la voce.
-U-un incubo.-, disse, tirando su col naso.
Questa era una cosa che, nonostante tutto il tempo che aveva passato con John e il modo in cui era migliorato parlando di sentimenti, non riusciva a capire.
L'incubo erano un processo psichico inconscio che si compiva durante il sonno...ma allora perché? Perché il medico ne era sempre così scosso?
Sherlock sospirò, verso un singhiozzante John, che aveva rinunciato a darsi contegno.
-I sogni e gli incubi sono solo immagini nel tuo cervello.-, disse scandendo bene.- Non dovresti...-
Ma non riuscì a finire perché con suo fastidio, fu interrotto dalla voce acuta di John, che nel frattempo gli si era avventato addosso.
-Eri morto, Sherlock!Eri saltato giù da un tetto!!-
Questa poi!Pensò lui. Sherlock Holmes che si suicida, davvero John aveva creduto ad una cosa del genere?
Nel frattepo, il medico aveva artigliato il suo braccio e nascosto la testa nella spalla mentre, ritmicamente, strusciava il naso sul suo pigiama, bagnandolo con le sue lacrime.
Pensò che doveva farlo ragionare. Insomma, un po' di razionalità, andiamo!
-Non essere idiota, John.-Gli disse, senza preoccuparsi di usare un minimo di tatto. -Perché avrei dovuto saltare da un tetto?-
L'altro fermò il movimento della testa, e sembrò accigliarsi, ragionare. Finalmente, pensò Holmes.
-Forse...per volare?- fu la risposta strascicata e sussurrata del compagno, che era appena riuscito a fermare le lacrime.
Ah, perfetto. Adesso lo stava anche considerando un idiota.
-Assurdo! So perfettamente di non poter volare! Non sono un uccello!-
-Né un angelo.- intervenne lui, mentre le lacrime ricominciavano a riaffiorare insieme ai ricordi delle terribili immagini a cui era stato costretto ad assistere.
Sherlock, inevitabilmente, si ritrovò a sorridere con amore e a stringerlo tra le braccia a sua volta. (Un tempo avrebbe riso delle lacrime dell'uomo al suo fianco. Ma cosa gli aveva fatto, adesso? In cosa lo aveva trasformato?)
John si strinse ancora di più al suo corpo, accoccolandosi in modo che i suoi capelli gli accarezzassero il viso. Sherlock sospirò e ci lasciò un bacio, mentre sentiva il collo inumidirsi a causa delle ciglia bagnate del compagno.
-Sta tranquillo, John. Non salterò mai da un tetto. Era solo un incubo.-
Passò la notte a stringerlo, pensando che non si sarebbe stancato mai di consolare l'uomo che amava.
John, dal canto suo, si sentì a casa, semplicemente. Al sicuro e felice, protetto perfino da se stesso.
    

                                                                                                   ***


Anni dopo, nella stessa abitazione, John Watson si ritrovò a sorridere amaramente al ricordo di quell'episodio.
Solo, seduto sulla sua poltrona, circondato dal silenzio innaturale del 221b.
Non aveva più lacrime da piangere, John.
Non aveva più preghiere per un dio che l'aveva abbandonato.
Non aveva più vita senza l'uomo che amava e che, di lì a poco, si sarebbe trasformato in un ricordo.
Aveva soltanto quella poltrona e quel vuoto dentro che non sarebbe mai riuscito a colmare.
Chiuse gli occhi e, inconsciamente, si ritrovò a cercare l'unico modo attravero il quale gli era ancora permesso di vedere Sherlock Holmes, sogno o incubo che fosse. 
Avrebbe affrontato qualsiasi cosa pur di stare al suo fianco.
Sospirò, con la consapevolezza che, peggio del sogno che ti tortura la notte, c'è solo l'incubo che diventa realtà.
"Stop it, John. I will NEVER jump off a roof. It's just a nightmare. Just an image in your head..."

(08/04/2012 )

Alba

ECCOMI




A Sabrina, che è quella luce sfolgorante che mi da la forza di alzarmi ogni giorno.
La mia amica, la mia confidente, la mia alba, la mia metà perfetta.
Grazie per la dedica, Jimma.




Alba


L'alba ha una sua misteriosa grandezza che si compone d'un residuo di sogno e d'un principio di pensiero. (Victor Hugo)

John Watson sorride, quando i primi raggi di sole filtrano attraverso la finestra e gli illuminano il viso.
In altri tempi si sarebbe lamentato, avrebbe sbuffato, ma non oggi. Non più.

Ad est  il buio della notte lascia spazio ad una tenua luce, pennellate azzurre, rosa e viola decorano la linea plumbea del cielo.
Si muove lentamente, girandosi su un fianco osserva il compagno, accarezzandone ogni dettaglio, respirandone il profumo, assaporandone la presenza.
Fa passare gli occhi ovunque, come un forestiero che riscopre il piacere della città già conosciuta.
Batte le palpebre e si bea di questa visione unica, irripetibile.

Sherlock dorme. Il medico, incapace di distogliere lo sguardo, osserva.
Ai piedi del letto ritrova il mucchio disordinato di panni -che toccherà a lui sistemare-  che ieri si son strappati di dosso a vicenda, ansiosi e smaniosi di venire a contatto con la pelle dell'altro.
Il compagno sembra un tutt'uno con le lenzuola bianche, la sua pelle diafana si fonde con il bianco candido che li circonda. E' coperto fino alla vita in modo scomposto, accoccolato su se stesso. Le sue lunghe gambe ancora si distinguono in quella massa di pelle e cotone.
La schiena agile e chiusa nella fasciatura di ieri sera è scoperta e bellissima. Lo ha pensato anche stanotte, mentre s'aggrappava a quelle spalle con tutta la forza rimastagli, steso su questo stesso letto.
Il viso è stranamente rivolto verso di lui. Ha un'espressione corrucciata, come se il suo cervello non si spegnesse neanche mentre dorme, sempre frenetico, sempre in attività.
Le labbra dischiuse gli urlano di baciarlo ora, subito; si trattiene. Non deve e non vuole rovinare questo magnifico equilibrio.
Le lunghe ciglia coprono il ghiaccio di quei diamanti che ha al posto degli occhi;  si perde con lo sguardo nel groviglio scomposto di riccioli neri, riesce ancora a sentirli fra le sue mani.
Poi la luce del mattino, pallida, giovane, eppure così forte, arriva anche sul viso del consulting detective e John non può fare a meno di pensare che, accidenti, è davvero la creatura più bella che abbia mai visto. Perfetto, intoccabile, meraviglioso, affascinante, vicino e irragiungibile. E' in questi momenti che pensa che non sia neanche umano, ma il solo frutto dei suoi sogni.
Poi Sherlock apre gli occhi ed è come annegare nell'azzurro.
Lo guarda silenzioso, dandogli buongiorno così, come al solito, mentre John gli tocca i capelli, sperduto ed insicuro.
Spesso la bellezza di Sherlock fa perdere significato alle cose semplici e naturali come muoversi o respirare, lui non riesce  a fare altro che fissarlo, immobile.
Poi, il sole fa la sua comparsa e la luce inonda definitivamente la stanza: sorge un'alba meravigliosa.
Il mondo si riempie di delicati colori pastello, che sembrano volerlo consolare e accarezzare dopo questi tre anni di sofferenze grigio-scure.
-Buongiorno.- Sussurra Sherlock, ed è come sentire un'armonia.
-Buongiorno.-
John pensa che potrebbe abituarsi a questo genere di cose.
E, insieme a questa luce, questa stupendamente forte aurora, potrebbe rinascere anche lui.
John Watson rinascerebbe, come la fenice dalle sue ceneri e non sarebbe più solo.
Ci sarebbe Sherlock Holmes con lui, sarebbero insieme, illuminati dalla forza di una luce candida e splendente.

La forza di una nuova alba, di un nuovo giorno.


( 02/06/2012)

Notte. "I gelsomini notturni"

Questa, stranamente, mi piace. CLICCAAAAAAMI.

Notte.
"I gelsomini notturni."

"E s'aprono i fiori notturni,
nell'ora che penso a' miei cari."

[Pascoli, Il gelsomino notturno.]


Un gelsomino notturno.
John Watson è arrivato a questa conclusione, Sherlock non può essere altro.

Gelsomini notturni. Sono fiori strani, che si schiudono solo al calar della sera rilasciando un profumo intenso e inebriante. Il profumo del detective.
Dal canto suo, John è sicuro che, anche girando il mondo, non potrebbe mai trovare una fragranza così. E' unica, come l'uomo al suo fianco.

Nel linguaggio dei fiori il gelsomino è simbolo di grazia ed eleganza; lui pensa che non potrebbe esserci una definizione più azzeccata per Sherlock.
Sono esternamente freddi, questi fiori; si nascondono da tutto e da tutti alla luce del sole. Ma, in realtà, spesso la differenza tra "freddi" e "spaventati" è fin troppo sottile.
Lui è dell'idea che Sherlock sia ferito. Il gelsomino notturno, per quanto sembri invincibile nella sua corazza giornaliera, è in realtà caratterizzato da una delicatezza spaventosa.
Basta un soffio per far volare via i piccoli petali, così il bocciolo si richiude su se stesso, proteggendosi e nascondendosi da tutti.
E' pericoloso avere a che fare con un fiore del genere; si rischia di farsi del male. Perché i gelsomini notturni sono fiori instabili, folli, diversi, eppure così meravigliosamente belli che risulta impossibile non esserne affascinati. E così, a rischio di pungersi le dita o peggio, distruggere la corolla, qualcuno cerca comunque di afferrarli.
E qualche volta, raramente, il gelsomino risponde, e succede quello che nessuno potrebbe prevedere: cullato dalla tranquillità della notte ed accompagnato dal lento frusciare delle foglie causato dal vento, il gelsomino si schiude.
Ed è un'esplosione di colori e di profumi, un miscuglio indefinito e stupefacente che lascerebbe chiunque senza parole.
E' per questi momenti che lui vive. Quando la sera il cervello perde il controllo per lasciare spazio al cuore, quando i pensieri cedono per far spazio ai sentimenti, quando il consulting detective va via, lasciando unicamente lo Sherlock indifeso, quello che lo abbraccia senza motivo e quello che bacia l'intera notte, insaziabile, lentamente e languidamente.
In quei momenti in cui non sono più due persone, due uomini, ma 
una cosa sola. Gambo e corolla. Stelo e petali. Un unico corpo e un'unica anima. Loro due insieme contro il mondo.
Qualcuno definirebbe John Watson un masochista per essersi avvicinato così tanto a Sherlock Holmes, qualcuno già l'ha fatto...eppure lui non può fare a meno di ignorarli.
Perché ha già deciso che ne vale la pena, ogni singolo giorno.
John lascerà la loro unione fiorire imperturbabile, nel buio. Come i gelsomini notturni.



(16/06/2012)

Music seems to help the pain. Seems to motivate the brain.

Questamerdaccia è recente. Colpa della mia testa bacata che mi costringe a partecipare a stupidi giochetti.
AH.
Regole:
1- Scegli un personaggio, una coppia o un fandom. [Johnlock]
2 - Apri la tua cartella di musica e seleziona la modalità di riproduzione casuale, fai partire.
3 - Scrivi una drabble-flashfic che sia collegata alla canzone che sta andando. Hai tempo fino al termine della canzone per terminare la drabble: inizi con l’inizio della canzone e finisci quando finisce, niente esitazioni! Non importa quanto scombussolata è la tua drabble.
4 - Scrivine 5, poi pubblicale


Music seems to help the pain. Seems to motivate the brain.


Goodbye my lover- James Blunt 
 
Sei seduto sulla fredda poltrona blu nel tuo scuro appartamento. Troppo grande per una sola persona. Troppo vuoto senza di lui.
 
E non puoi dire di non essertelo aspettato, sapevi che prima o poi sarebbe finita. Speravi non in questo modo.
Sospiri lentamente, lacrime agli occhi, mani tremanti. Speravi comunque che durasse per sempre.
Ma lui se n'è andato improvvisamente, violentemente; s'è portato via i suoi occhi color del cielo, i suoi zigomi taglienti, le sue dita lunghe e affusolate, il tuo cuore.
Ti ha cambiato e l'hai cambiato, vi siete curati a vicenda, vi siete amati. Avete diviso il letto, i sogni e la vita. 
Lui era l'unico. Non crederai a quelle sue ultime parole né a nessun altro. E lo ami, nonostante tutto, nonostante le lacrime e le bugie, è sempre l'unico.
 
Ti stringi meglio sulla poltrona fredda, nell'appartamento scuro, troppo grande e, ti rendi conto solo adesso, tanto vuoto quanto te.
 
The scientist- Coldplay

Procedi velocemente, a passo spedito, dando un'occhiata qua e là ogni tanto, come hai fatto spesso negli ultimi tre anni. 
Hai una sola destinazione, un solo obiettivo: John, casa. Impressionante come suonino bene queste due parole insieme, non è vero? 
Ti ritrovi a pregare che tutto sia come quando l'hai lasciato, di poter ricominciare le cose da dove le hai interrotte. 
Una volta arrivato da lui gli dirai tutto, gli parlerai del piano, di Moriarty, della verità, di questi anni e di come il pensiero di averlo lasciato da solo ti abbia perseguitato. 
Con una sincerità schiacciante, gli dirai quello che non sei mai riuscito a dirgli tempo fa, quello che merita di sapere. E, infine, lo bacerai come sogni di fare da tre anni a questa parte, com'è giusto che sia.
Arrivi al 221 B di Baker Street nel freddo di un Gennaio londinese, alzi il colletto e bussi con le mani tremanti.
La porta che si apre, un respiro soffocato in gola, capelli biondi e profumati, maglione orribile, occhi sbarrati.
Lacrime.
-Sono tornato per te, John.-


Londra brucia- Negramaro

Lentamente, a piccoli passi, lo segui per le mille strade e stradine di Londra. Sembri la scia di un fantasma.
I suoi occhi sono vitrei e stanchi, probabilmente non ti noterebbe neanche se non ti nascondessi più.
E' dimagrito. Usa di nuovo il bastone. Ha la barba di un paio di giorni. Trema un po'. E tu continui a seguirlo, mentre qualcosa ti logora dall'interno verso l'esterno.
Ti odia e ti ama allo stesso tempo, cerca di dimenticare anche se non vuole, vive una non-vita da quel giorno.
All'improvviso, la tua testa esplode, le orecchie fischiano. Stai per avvicinarti, per dirgli di riprendersi, dirgli di lottare e aspettare ancora poco, soltanto un poco.
Ma poi ti volti, lui non c'è più, fantasma solitario in una città non più amica.
Una sola domanda rieccheggia nella tua mente brillante, assillandoti e distruggendoti: Che cosa hai fatto a quest'uomo, Sherlock?


La più grande che ci sia- Dente.

John sorride al mattino presto, notando i riccioli di Sherlock che fanno capolino al suo fianco; li accarezza.
Lo sente stringersi al suo fianco, profumo dolce e agrumato lo avvolge. Profumo di casa.
E' in questi momenti che si rende conto che la sua scelta sia la più giusta, ogni volta, in tutto e per tutto, sempre e per sempre.
Continuerà a fare quella grande cazzata per cui tutti lo guardano come fosse pazzo.
Continuerà a fidarsi di Sherlock Holmes.

The only exception- Paramore

Rotolano tra le lenzuola velocemente, affamati e desiderosi di toccare la pelle dell'altro.
E' una sera d'estate. La sera in cui John capisce la verità. La sera in cui Sherlock apre il suo nascosto cuore.
-Mio padre se ne andò quando ero un bambino,- dice,- Io non capii perché, mia madre restò distrutta. Piangeva tutti i giorni.- Si sitema meglio fra le sue braccia.
-Allora ero troppo piccolo, ma già non mi rendevo conto del perché lei si lasciasse ferire così. Mi ripromisi che per me sarebbe stato diverso. Io sarei stato forte. Tutte queste cose effimere, i sentimenti...non mi hanno mai toccato. Mi guardavano male e non m'importava, non sapevo cosa fosse l'amore né volevo scoprirlo.-
Si blocca. John rabbrividisce inconsapevolmente. Sherlock stringe la presa sul suo fianco.
-Poi ho incontrato te.-
E John inevitabilmente capisce e sorride.  Anche questa, a modo suo, è una dichiarazione.

(21/06/2012)

martedì 1 maggio 2012

Masochismo


Flash un po' folle scritta di getto :D


Masochismo.
 
 
 
Chissà perché amiamo sempre chi non lo merita, quasi che questo fosse l’unico modo per ristabilire l’equilibrio perduto del mondo.
È la più antica forma di masochismo, quella di amare chi non sa amare, e la più stupida.
 
(Oriana Fallaci)

 
A volte John Hamish Watson pensava di essere un masochista.
Quando tornò a casa stanchissimo, dopo un'intera giornata di lavoro e trovò l'appartamento completamente distrutto, le sedie rovesciate, il tavolo pieno di boccette contenenti chissà che cosa, la cucina bruciata, i fornelli accessi, il frigorifero pieno di qualcosa di sanguinante, e il suo computer fumante, pensò di essere giunto al limite.
Avanzò furioso nel suo appartamento -campo di guerra- , zigzagando tra tutti gli ostacoli, in cerca della causa di quel caos: il suo coinquilino, il catastrofico ed unico consulting detective esistente al mondo.
Mentre saliva le scale si chiese come fosse possibile che ancora non l'avesse mandato al diavolo, lui e la distruzione che si portava appresso. Sapeva perfettamente che, con quell'ultima goccia, il vaso della sua pazienza era definitivamente traboccato. Non ne poteva più di Sherlock Holmes. Lui non lo meritava.
Salì l'ultimo gradino con rabbia, pronto ad urlargli in faccia la sua frustrazione, a cacciarlo, a cacciarsi. A concludere quella maledetta storia, perdio, lui non era un masochista. Non lo era mai stato. 
Dava tutto se stesso per quell'uomo, avrebbe fatto qualsiasi cosa da lui richiesta, eppure era questo ciò che riceveva in cambio: problemi. E Sherlock non si degnava neanche di scusarsi, di fargli capire che qualcosa gli importasse. Sempre glaciale e distaccato, sempre così lontano da lui.
Prese fiato, stava per dare voce alla sua rabbia, varcò la soglia della sua camera agguerrito. Alzò lo sguardo. Lo vide.
La sua figura allampanata si muoveva lentamente di fronte alla finestra, le agili e lunghe dita stringevano il violino, accingendosi a suonare una delicata melodia. La luna gli illuminava gli occhi, facendoli apparire di un colore ancora più innaturale, i capelli arruffati gli andavano sul viso, ma lui non li scostava. Era impassibile e perfetto, bellissimo.
Sherlock sorrise impercettibilmente, qualcosa che soltanto John riusciva a cogliere giaceva nel suo sguardo. 
Qualcosa che, ne era certo, era dedicata esclusivamente a lui.
 E capì. Non sarebbe riuscito mai a liberarsi del suo coinquilino. Improvvisamente, dimenticò la furia, il caos, le sedie, la valigia da riempire, il computer fumante, tutto. Si conficcò una nuova lama nel petto, tacque e si sedette ad ascoltarlo suonare il violino.
A volte John Hamish Watson pensava di essere un masochista ed effettivamente, lo era.
Ma amava Sherlock Holmes, e se lui non sapeva amare, allora glielo avrebbe insegnato.
Avrebbe continuato a farsi del male al suo fianco, eppure, infondo, andava bene così. 
John si era ripromesso di nuovo di fare i bagagli quella mattina, partire e mandare al diavolo il suo coinquilino per sempre. 
Ancora una volta, non lo fece.

martedì 17 aprile 2012

Di stomaci e farfalle

Una piccola drabble fluff scritta in un momento di noia totale xD
Questo fandom mi uccide.
Link Here




Di stomaci e farfalle.





Prendi in mano il violino, rifugiandoti nel mind palace: hai bisogno di riflettere su ciò che hai provato. Che provi.
Accidenti, ti viene da chiederti, ma come è successo? E, soprattutto, quando?
Tu, Sherlock Holmes che rifletti sui...sentimenti. Pazzesco.
Eppure, pensi, con John è diverso. Lo è sempre stato.
E, molto probabilmente, non c'è neanche stato un mese, un giorno, un orario preciso... o forse è successo fin dal primo momento, chi lo sa?
Se ci pensi, l'unica cosa che ti viene in mente sono le vostre occhiate d'intesa, il fatto che chiunque vi veda crede che siate un coppia, i suoi capelli appena sveglio...(hai persino memorizzato il profumo dello shampoo che usa, diamine!)
Che cosa hai pensato quando ha afferrato Moriarty alla gola? Cosa hai sentito quando gli puntavano una pistola in testa? Che cosa provi quando ti sorride e ti prepara il thé?
Orgoglio. Preoccupazione. Gratitudine. Soltanto balle.
Perché, Sherlock, ogni singola volta che lo vedi, anche per un istante, sappiamo bene cosa ci sia proprio lì, nel tuo stomaco.
Farfalle.

Look at the stars

Ed ecco, questa è stata un parto, ma ne è decisamente valsa la pena. La trovate QUIIIII




Attenzione:Se non leggete le note sotto, non credo capirete molto.


Look at the stars

Questa è la shot fluff che ti avevo promesso, Sab. Accontentati xD <3 



«Una stella è un corpo celeste che brilla di luce propria. In astronomia e astrofisica il termine designa uno sferoide luminoso di plasma che genera energia nel proprio nucleo  attraverso processi di fusione nucleare; tale energia è irradiata nello spazio sotto forma di radiazione elettromagnetica, flusso di particelle elementari e neutrini.» [1]   


Quando torna a casa, dopo un'intera giornata di ambulatorio, non lo trova.
Un'ondata di panico gli cattura il petto, mentre si guarda intorno.
-Sherlock?-, chiama con un tocco d'isteria nella voce.
Un mugolio proviene da fuori alla finestra, e John sospira, sollevato. Accidenti, non può comportarsi così, è passato troppo poco tempo.
-Dove accidenti sei?-
-Sopra.-
John si guarda intorno, accigliato. Sta per chiedere qualcosa, ma Sherlock lo precede ancora.
-Il tetto.-
Di nuovo panico. Sale di corsa le scale, esce fuori, questa volta lo sentirà! Oh, se lo sentirà! Ma gli sembra il caso? No, insomma, cerca di essere picchiato?
Arriva a grandi falcate sul tetto, pronto ad urlare e sgridarlo e...e...e niente, gli muore tutto sulle labbra, quando lo vede.
Sherlock Holmes, gambe al petto, capelli scompigliati (più del solito), in sola manica di camicia, illuminato dalla luce della luna. Bello.
E, improvvisamente, John dimentica quello che voleva dire, tutti i suoi propositi spariscono, e gli si avvicina.
Una folata di vento lo fa rabbrividire.
-Ma non hai freddo? Di questo passo ti ammalerai di sicuro.- , dice, mentre gli si siede accanto.
Sherlock lo ignora.
-Ti piacciono le stelle, John?-
E ancora una volta resta spiazzato.
-Credevo non t'interessase l'astronomia, Sherlock. Comunque si, mi sono sempre piaciute...-
-Perché?-, Sherlock lo interrompe bruscamente.
John lo guarda: ha cominciato a tremare leggermente, ha gli occhi un pò umidi a causa del vento, le labbra rosee, i capelli gli vanno negli occhi (John si chiede quanto possa essere eccezionale l'esperienza di toccarli, quei capelli. Affondarci le mani, non toglierle mai più. Sentirne il profumo, assuefarsi, bearsene per sempre. E' certo che non se ne stancherebbe mai.), le lunghe gambe ancora strette al petto, lo sguardo attento e illuminato da genuina curiosità.
-Le trovo...affascinanti, a loro modo. Sembrano vive e...-
-Tecnicamente non possono essere vive.- lo interrompe ancora.
-Perciò ho detto 'sembrano', Sherlock. Vedi, penseresti che siano fredde, eppure sappiamo bene che sono caldissime; paiono così vicine, quasi che se allunghi una mano puoi afferrarle, ma in realtà sono lontanissime. Sono un pò folli, difficili, piene di sfaccettature e luminose, romantiche, secondo alcuni aspetti.- Come te. Riesce a capire da una sua espressione imbronciata che sta per interromperlo ancora, così lo precede, mettendogli un dito sulle labbra.
-
C’è chi si fissa a vedere solo il buio.Io preferisco contemplare le stelle. Ciascuno ha il suo modo di guardare la notte.- 
[2]
E Sherlock ammutolisce. John si sente l'uomo più forte del mondo.
Una folata di vento li fa rabbrividire, e il dottore pensa proprio che sia ora di rientrare, dato che ormai è notte fonda. Fa per muoversi, ma Sherlock lo blocca, tirandogli il braccio. John vorrebbe protestare, ma il detective si avvicina e gli piazza la testa sulla spalla, lasciandosi stringere da dietro.
John impallidisce. Si sente l'uomo più debole del mondo.
-Quindi, suppongo che noi...si, potremmo essere una stella binaria, ecco.-
Fa per chiedere qualcosa, ma Sherlock continua.
-Due stelle che orbitano insieme, intorno al loro comune centro di massa, senza staccarsi.

 Se due stelle sono posizionate l'una vicino all'altra, sono abbastanza distanti dalle altre per non essere influenzate dalla loro attrazione, e compongono un sistema separato tenuto unito dal legame della loro mutua attrazione gravitazionale.-
"Ma lui non è quello che non conosce neanche il sistema solare?" Si chiede John, ma poi rinuncia a cercare una risposta alla sua domanda, ormai è abituato a restare  stupito da Sherlock.
Da questa prospettiva non riesce a vedere il suo volto, ma è sicuro che lo troverebbe decisamente arrossato. Sa quanto gli siano costate queste parole, e gli si scalda il cuore a pensare che abbia messo da parte tutto il suo orgoglio per lui. Pensa che, infondo, a modo suo, anche questa è una confessione.
John sorride, e fa passare una mano tra i ricci del suo migliore amico. (Finalmente!) Lo sente sospirare con soddisfazione, al tocco.
-Si, Sherlock. Penso che tu abbia ragione.-
La mano passa dai capelli al collo, lo guarda negli occhi, e lentamente, ma senza più incertezze, lo bacia.
Lo bacia perché è una cosa che si è ripromesso di fare da quando è tornato.
Lo bacia perché la vita è breve, e fa paura, ma adesso sono insieme.
Lo bacia perché ha desiderato farlo da quando l'ha visto per la prima volta.

Lo bacia perché non vuole che si trasformino in stelle fuggitive. [3]
Lo bacia perché vuole che resti.
Lo bacia perché durante la notte non fa più incubi riguardanti la guerra. Ed è grazie a lui.
Lo bacia perché ha sofferto da impazzire, quando s'è finto morto.[4]
Lo bacia perché loro non sono 'stelle binarie distaccate'[5] e non sono più neanche 'binarie semidistaccate'[6], lo sa. Ormai sono soltanto 'binarie a contatto'[7], dipendenti l'uno dall'altro.
Lo bacia perché, semplicemente, ama Sherlock Holmes.

Quando si dividono, lo fanno di poco, senza mettere troppa distanza tra loro.
Il detective riappoggia la testa sulla sua spalla, e John gli accarezza i ricci, dimentico del freddo che prima lo tormentava.
C'è silenzio, ma non è teso o imbarazzante, soltanto complice.
E' Sherlock a romperlo per primo.
-Ovviamente, io sono la stella primaria e tu la secondaria, John.- [8]
E il dottore sbuffa, divertito, prima di scoppiare in una sonora risata, seguito a ruota dal coinquilino.


«Altre binarie non sono separabili neppure con strumenti, una binaria spettroscopica è una stella binaria che non può essere risolta come binaria visuale, neppure con i telescopi più potenti. [...] Questo può essere dovuto ad una reale vicinanza tra le due stelle. Nel primo caso, la piccola distanza porta le stelle ad avere una velocità orbitale molto alta.»



Note:

[1] : Informazioni liberamente presa da wikipedia
[2] : Non è una frase mia, ma una citazione di Victor Hugo, l'ho solo presa in prestito
[3] : 
Una stella fuggitiva è una stella che possiede dei valori di moto proprio abnormemente più elevati di quelli di altre stelle poste nella medesima regione galattica.  Valori abnormemente alti di moto proprio possono essere acquisiti, oltre che in seguito all'esplosione di una supernova di tipo Ia, anche nel caso in cui il legame gravitazionale che vincola due stelle in un sistema binario molto ampio venga rescisso a causa di una perturbazione esterna; in tal caso le due componenti continueranno a evolversi come stelle singole. Una possibile perturbazione è costituita dall'incontro ravvicinato fra due sistemi binari, che potrebbe risultare nell'espulsione ad alta velocità di alcune delle stelle che li costituivano.
[4] : Praticamente, questa è una post Reichenbach, perciò John è terrorizzato quando non vede Sherlock o quando scopre che è sul tetto! (si, sottolineo l'ovvio u.u)
[5] : 
Le binarie distaccate sono sistemi in cui ognuna delle due componenti è posta all'interno del suo lobo di Roche, cioè dell'area in cui la forza gravitazionale della stella è maggiore di quella della sua compagna; queste stelle non subiscono importanti influenze reciproche ed evolvono separatamente.
[6] : 
Le binarie semidistaccate sono sistemi in cui una delle due componenti riempie il proprio lobo di Roche, mentre l'altra no; in questo caso avviene un trasferimento di gas dalla stella che riempie il proprio lobo di Roche all'altra.
[7] : 
Una binaria a contatto è un sistema in cui entrambe le componenti riempiono il proprio lobo di Roche e le parti più esterne delle atmosfere stellari formano un "inviluppo comune" che circonda entrambe le componenti del sistema. Poiché la frizione dell'inviluppo rallenta il moto orbitale , le stelle possono alla fine giungere a fondersi.
 [8] : All'interno di una stella binaria, 
la stella più luminosa viene chiamata primaria, mentre l'altra viene chiamata compagna o secondaria.

I'll always be with you

Questa la riporto con tanto di dedica alla mia amata Sab.Il link, qui.


I'll always be with you


A Sabrina, perché gliela devo.
A Sabrina, che è diventata la mia Jim Moriarty.
A Sabrina, che con i nostri 1500 messaggi e passa, ancora non s'è scocciata di me.
A Sabrina, che mi fa compagnia e mi entra dentro ogni giorno di più.
A Sabrina, perché anche se le ho promesso del fluff, ha accettato questo terribile angst.
A Sabrina, che sta illuminando le mie giornate con la sua follia.
Love u, honey.





Un fascio di luce mattutina t'investe appena apri la porta, sospiri stancamente.
Poggi le chiavi sul tavolino all'ingresso, togli il cappotto, metti la teiera sul fornello, ti volti; è allora che lo vedi.
Sherlock Holmes è sulla sua poltrona preferita, il violino in mano, immobile nella sua figura immacolata; e per un attimo, un singolo fottutissimo attimo, sei tentato di urlare, correre da lui, abbracciarlo, dirgli tutte quelle cose che fino ad ora vi siete negati, ma che avete la possibilita di gridare al mondo, adesso. Poi l'attimo passa e tu, inevitabilmente, capisci.
-Continuo a sognarti.- dici, e non è una domanda. Sulle sue labbra si disegna un sorriso: ride di te. Ancora.
-Intuizione arguta, John.- , così risponde alla tua non-domanda.
-Dovrei smetterla, rifarmi una vita. E' così che fanno le altre persone, no? Vanno avanti.- Riprendi tu, e ciò che dici suona ridicolo alle tue stesse orecchie. Andare avanti? E come? Con chi? ...Come se si potesse dimenticare Sherlock Holmes. Come se tu potessi dimenticarlo.
-Non chiederlo a me,- dice lui a bassa voce, sistemandosi meglio sulla poltrona. -Non mi è mai interessato ciò che fanno le altre persone.-
Sospiri ancora, perché anche adesso, anche ora che non c'è, riesce sempre ad averla vinta.
Lenteamente, quasi con paura, ti avvicini alla tua poltrona, mentre Sherlock ha ripreso a suonare il violino. E ti stupisci della tua fantasia, della tua immaginazione.
Distingui chiaramente le dita magre del detective muoversi velocemente sullo strumento, vedi le labbra contratte nella tipica smorfia che acquisice quando è concentrato, i riccioli ribelli che gli scendono sul volto accarezzandolo e facendolo sembrare ancora più bello. Il sole alla finestra è arrivato fino a lui e i suoi occhi sembrano ancora più chiari se illuminati da quella fioca luce.
Ti siedi definitivamente e, stancamente, ti passi una mano sul viso. Sherlock alza lo sguardo e smette di suonare, gli occhi fissi nei tuoi.
-Tu non puoi stare qui-, dici senza convinzione.- Insomma tu sei...sei...- la gola si chiude, la voce s'interrompe e non collabora.
-Morto.- Interviene lui in tuoi aiuto, e suona strano detto dalle sue labbra. Sa un pò di definitivo.
-Già.- Aggiungi sbrigativamente. -Ma allora perché continuo a sognarti?-
Sherlock sorride, ma questa volta lo fa con dolcezza, solo un attimo. Si alza e poggia definitivamente il violino sul divano, avvicinandosi a te. Piano, un cacciatore di fronte alla sua preda. Si ferma a pochi centimetri dal tuo volto, lo sguardo attento.
-Io ti manco.- Dice. Ed ancora una volta qualcosa si conficca dentro di te, tra il cuore e la gola. E vorresti urlare, ma non hai più voce. Vorresti svegliarti, smetterla di sognare, o forse no, perché in fondo questo è davvero l'unico modo che hai per vederlo ancora. Perché è vero, accidenti se è vero.
Tu ami Sherlock Holmes. E senti fottutamente la sua mancanza. E  tutte le tue maschere, i tuoi scudi e le belle e forti parole si frantumano, lasciandoti solo ed indifeso di fronte a quest'unica e agghiacciante certezza: sei rimasto solo, Sherlock Holmes è morto.
E nasce come un singhiozzo, per poi finire in un pianto disperato, quello che ti sconvolge in pochi secondi, facendoti tremare. Lui è subito al tuo fianco, scattante, ti abbraccia,  poggi la testa sul suo petto, lo stringi  e ti fai stringere, mentre i suoi riccioli ti accarezzano la fronte.
Le tue mani corrono per il suo corpo, come a volerlo mantenere qui, come se volessi renderlo reale.
-Resta con me.- dici piano, quando i singhiozzi si calmano, con ancora la voce fragile.
-Non preoccuparti.- sussurra lui al tuo orecchio. -Io sarò con te per sempre.- Poi ti lascia un bacio sulla testa.
E te ne rendi conto di nuovo. L'uomo che hai di fronte non è Sherlock Holmes, ma soltanto frutto della tua stanca e provata mente. E lo sai proprio perché lui, il detective, non si comporterebbe mai in questo modo con te. Ma non importa.
Ormai lo hai capito, non puoi andare avanti. Non puoi smettere di sognarlo, come non puoi smettere di amarlo, perché non vuoi farlo.
E questo è l'ultimo pensiero coerente, prima di renderti conto che la figura allampanata del tuo coinquilino è sparita, sostituita soltanto dalla sua sciarpa, ancora impregnata del suo profumo, che ora stringi convulsamente mentre sei sconvolto da un'altra scarica di singhiozzi. Lui non c'è più.


"Ciò che ci manca ce lo portiamo sempre appresso."
Giovanni Soriano, Finché c'è vita non c'è speranza, 2010

sabato 14 aprile 2012

Back to Baker Street

Ed ecco a voi, la prima ff di Sherlock bbc che io abbia mai scritto! :D Questo è il link della storia su efp.




Back to Baker Street.





Ed è questione di un attimo.

-Ciao, John.-


Sorpresa.
Rabbia.
Gioia.
Dolore.

Ancora rabbia, ancora gioia, ancora dolore, ancora, ancora, ancora.


Tutto ,d'improvviso, esplode nella testa di John mentre un solo unico pensiero rimbomba nel corpo, nel cuore, ovunque: è tornato.
E resta immobile, imbambolato a fissarlo.
Sorpresa. Appena lo vede, la prima cosa che avverte è una fitta al petto.
"Non è possibile." E pensa che non lo è affatto e che, probabilmente, è impazzito sul serio, una volta per tutte.
Poi ricorda che non si tratta di una persona qualsiasi, ma di Sherlock Holmes. E in questo modo riesce a proteggere la sua sanità mentale. Non è pazzo.
Ma allora...
Rabbia. Nella sua testa, una sola cosa rimbomba: TRE ANNI. E vorrebbe davvero, davvero, alzarsi e dargli un bel pugno dritto sul naso. Fargli male almeno la metà di quanto gli abbia fatto lui. Maledetto bastardo. Come può non avergli detto niente? E vorrebbe davvero ripromettersi di non fidarsi mai più di quello piscopatico. No, sociopatico. Ma sa fin troppo bene che fare una promessa del genere sarebbe come buttare parole al vento.
Dolore. Se n'è andato, lo ha lasciato di nuovo da solo, gli ha mentito, si è lanciato dal tetto di un palazzo mentre lui lo guardava e, accidenti, pregava un dio in cui non credeva che non lo facesse. Da tre anni a questa parte, John Watson ha ripreso a zoppicare.
Da tre anni a questa parte, John Watson è solo, ferito, rassegnato e stanco.
Da tre anni a questa parte, John Watson è inutile e vuoto.
Eppure...
Gioia. Adesso è tornato. E, ripensandoci, cosa importa, ora come ora, di dov'è stato, di perché non lo ha avvisato, di che diavolo ha fatto?
A chi importa di come è sopravvissuto, di quanto lo ha fatto soffrire, di come gli è mancato, ora che è finalmente qui?
Perché si, maledizione, si. Gli è mancato da morire.

Mentre riflette, lo sguardo di John si posa sull'uomo che ha di fronte.
Magro, stanco, vede distintamente dei cerchi scuri intorno ai suoi occhi.
Ha conservato l'atteggiamento altezzoso, ma c'è qualcosa di nuovo. Lo percepisce nelle mani che si sfregano dietro la schiena, nel cipiglio preoccupato.
Ansia. Sherlock Holmes è in ansia e attende la sua risposta, per una volta non sicuro del verdetto finale.
E, attraverso quegli occhi chiari -quasi bianchi-, gli sembra di vedere le notti insonni spese per lavorare, pensare, trovare un modo per tornare a casa.
Per tornare da lui.

E la gioia, il dolore, la sorpresa, la rabbia, spariscono, per fare spazio ad un sentimento nuovo, unico : senso di completezza.
Appartenenza. Sherlock Holmes è tornato da lui. Sherlock Holmes è tornato per lui. John Watson è, semplicemente, felice.

Lo guarda ancora, sospira.
-Diamine, ma da quanto non mangi? Hai un aspetto orribile.- Riesce a sputare fuori, insieme ad un sorriso incerto.
Lo stesso sorriso che, dolcemente, vede comparire sul volto del detective.
-Non saprei, sono stato molto impegnato.- Dice Sherlock in un sospiro di sollievo.
Ancora una volta, John ha capito. John lo ha accettato. John lo ha accolto a casa.
-Andiamo, genio, ci sarà un ristorante aperto. Mi devi come minimo una cena.-
 L'altro annuisce, consapevole che non sia finita lì. Gli deve molto di più di una cena, delle spiegazioni, per esempio. Ma per quelle c'è tempo e lo sa. Hanno tutto il tempo del mondo, per ora vuole soltanto sedersi ad un tavolo e osservare l'amico parlare, vuole rispondere sbruffando alle sue affermazioni stupide.
Vuole che continuino ad essere Sherlock Holmes e John Watson.
Il dottore, dal canto suo, gli afferra la mano mentre escono dall'appartamento.
Al diavolo le persone, dicano quello che vogliono. Lo ha appena ritrovato, non lascerà che scappi ancora una volta, eh!
Sherlock resta un pò sorpreso da quel contatto, non essendo abituato. Ma non si tira indietro, lo trova tutt'altro che fastidioso.

E camminano così, per Baker street, uno al fianco dell'altro, scherzando tra di loro.
Due ombre fragili nella fredda sera di Londra, unite da un legame unico.
John Watson, con a destra Sherlock stretto nella sua mano e alla sua sinistra tre anni di sofferenza da superare.
Sherlock Holmes, con a sinistra il suo amico John e alla sua destra una mano stretta nel cappotto e tanto tempo da recuperare, riscrivere.

Ma sono insieme, adesso. E andrà tutto bene.